Recentemente ho letto un libro intitolato “Quel che affidiamo al vento” (Laura Imai Messina) che narra di unastoria ispirata a un luogo che esiste realmente, a nord-est del Giappone.
Un giorno, un uomo installò una cabina telefonica nel giardino della sua casa in uno dei luoghi più colpiti dallo tsunami dell’11 marzo 2011. La cabina conteneva un vecchio telefono nero, scollegato, che trasportava le voci nel vento, le PAROLE venivano affidate al vento. Migliaia di persone vi si recavano in pellegrinaggio ogni anno: componevano un numero a caso, alzavano la cornetta del telefono, la portavano all’orecchio e vi facevano cadere dentro la loro voce, consapevoli di non avere un interlocutore diretto, di non ottenere alcuna risposta alla loro chiamata.

Questa storia mi ha richiamato al significato di due parole: spazio e ascolto.
Spazio è l’assenza di luogo, di tempo, di pensiero, un controsenso forse. Ma tutte le persone che entravano nella cabina liberavano le proprie emozioni in un posto fisico in cui nessuno rispondeva, anzi, le loro parole venivano trasportate via dal vento.
Non ho potuto non fare un’analogia con quello che ho imparato nel mio percorso di per diventare coach, ovvero che molto spesso il più grande cambiamento nelle persone inizia quando hanno uno spazio in cui si sentono ascoltati e al sicuro.
IN LINEA CON LA SAGGEZZA
Ognuno di noi può accedere alla propria cabina in qualsiasi momento: è quella zona in cui entriamo in contatto con la nostra saggezza e la nostra consapevolezza.
È straordinario realizzare che in qualsiasi momento della nostra vita stiamo affrontando è possibile accedere a questo spazio. Anche in un momento difficile, caotico, pesante e di smarrimento.
Cosa accade in questi momenti?
Si osserva la nostra agitazione e si comprende il nostro funzionamento di mente pensiero e consapevolezza e possiamo concederci di vivere quella situazione senza averne troppa paura ed ecco che allora mi sembrano quanto più vere le parole di Syd Banks:
“Se la sola cosa che imparassero le persone fosse il non temere la loro esperienza, questo da solo cambierebbe il mondo”.
UNA VENTATA DI LEGGEREZZA
Il vento per me è come i nostri pensieri. I pensieri come il vento non si vedono, ma ne sentiamo l’effetto. Sono energia, si dissolvono nell’aria, sono appunto aleatori….aria, vanno e vengono, sono solo idee e interpretazioni che creiamo. Lo so, a volte paiono tormente che devastano tutto, eppure a volte grazie alla forza di un nuovo pensiero, possiamo avere di nuovo l’esperienza meravigliosa di un nuovo inizio.
Mi sono chiesta cosa spinge le persone ad andare in un luogo in cui non ci saranno risposte alle loro domande, in cui la solitudine e il silenzio potrebbero amplificare il dolore e l’incertezza, o al contrario dilatare la saggezza innata. E la risposta che oggi mi do è una per ora.

Nella vita ci aspettiamo sempre delle risposte, ma per esperienza diretta e per quello che ho potuto osservare nelle altre persone, le risposte migliori arrivano da noi non dall’esterno. Ecco che allora entrare in una cabina immaginaria e comporre un numero al quale nessuno risponderà davvero, probabilmente è solo un pretesto per ascoltare profondamente quella domanda che abbiamo, quella condivisione che sentiamo l’esigenza di esternare e lasciare che venga accolta da un qualcosa che c’è ma non si vede, da una immensità silenziosa che a ben guardare dà conforto all’animo. E questa immensità di fatto è uno spazio accessibile ad ognuno di noi, ed è parte della nostra vera natura.
In quel luogo meraviglioso, silenzioso e profondo dentro di noi dimorano la chiarezza e il buon senso che ci guidano verso scelte sagge. Ed è qui che riceviamo le migliori risposte che mai potremmo udire. Qui entriamo in ascolto della saggezza e si interrompe l’ascolto del pensiero insicuro.
ESPERIENZA NEL LOCKDOWN
Durante il lockdown ho sperimentato una miriade di sensazioni, paure e incertezze. Come molte persone in effetti.
La professione infermieristica ti porta a rapportarti e relazionarti con incertezze, paura e dolore, sfide e speranza, comprensione e compassione e ascolto, degli altri, ma ancor prima con le tue ed il libro letto mi ha fatto riflettere su questo mio ruolo.
La cabina del telefono l’ho vista un po’ come la metafora della mia professione, raccogliere parole, emozioni, gesti, paure a cui offrire un porto sicuro, sia dal punto di vista professionale che umano, dove le persone si sentano libere di esprimersi, specialmente nel mio settore che è quello oncologico, in cui spesso la paura della morte è molto presente.
Ricordo per esempio un giorno mentre illustravo ad una persona il percorso che avrebbe dovuto affrontato nei successivi mesi di terapia, ed ho colto uno sguardo perso, lo sguardo di chi deve affrontare qualcosa di nuovo, imprevisto e incerto che può cambiare o anche stravolgere la tua vita. Quel momento in cui la malattia rompe ogni schema, ogni certezza, catapulta la persona verso l’ignoto verso la paura. Anche di morire.
E non potrò mai scordare la domanda che mi fece quella persona nel suo smarrimento:
“Mi dica, potrò ancora tagliare la legna”?
Cosa si può fare e offrire a chi nel pieno dello smarrimento ti chiede qualcosa di così semplice, vero e scarno, che riflette tutta una vita in un solo istante? Spesso non c’è niente da dire, ma c’è da accogliere e diventare solo raccoglitori di parole altrui, custodi dell’inespresso che cercano di fornire uno spazio in cui dare alle persone il tempo di trovare un nuovo equilibrio.
Una domanda semplice, che potrebbe sembrare banale, ma che racchiude una richiesta di rassicurazione, la conferma che il futuro non sarà tanto diverso dal presente che si conosce, basta ascoltarsi e ascoltare, relazionarsi con il nuovo. Un racconto semplice ma che racchiude il nostro desiderio, come persone di non dover vivere nella paura.
Lanciamo messaggi, a volte pochi chiari a noi stessi e agli altri. Ognuno di noi, ne sono convinta, può offrire uno spazio in cui fare chiarezza.
Nella cabina immaginaria possiamo essere sia luogo in cui si accoglie, ma anche un filo del telefono che porta la persona a maggiore chiarezza.
A volte devo fronteggiare sensazioni di impotenza (davanti alla malattia e alle sue conseguenze), inadeguatezza e pesantezza.
Ma se ci pensate ogni ruolo assunto nella propria vita ha questi limiti, e si trova a sperimentare i limiti del proprio pensiero. Anche come madre, in questo periodo di vicinanza forzata, ho sperimentato le stesse sensazioni.
Eppure anche nella mancanza di spazi che a volte limita tutti noi, quando ritroviamo quello spazio, sentiamo profondamente che la serenità è sempre alla nostra portata di mano. Ed ecco che allora anche in spazio oggettivamente ristretti, ho vissuto momenti tranquilli, quieti, fiduciosi, privi della frenesia del dover fare e dover essere.
Ecco perché so che nei momenti difficili, da un lockdown a un momento in cui ti viene diagnosticata una malattia che non ti aspetti, e che forse la legna non sai ancora se la potrai tagliare come prima e nessuno ti potrà dire come andrà davvero, potrai prendere in mano la cornetta e parlare alla tua saggezza ed anche offrire questo spazio a persone che, trovandosi in condizione di difficoltà in particolari momenti della loro vita, non riescono a vederla come tale, perché la paura ha temporaneamente interrotto la linea.
Se queste mie riflessioni ti hanno risvegliato intuizioni, pensieri o momenti di ascolto, sarei felice di ascoltarti… oltre le parole, ed essere per te quella cabina confortante e in ascolto… della parte più profonda di te. Scrivimi… ti ascolto…
Luisa.
Semplicemente STUPENDO! Leggendolo non ho potuto fare a meno di pensare a tutte quelle volte in cui la vita crolla e noi non abbiamo idea di cosa faremo. Questa immagine della cabina telefonica mi ha fatto entrare proprio in uno spazio di immensa calma. E quella domanda “potrò ancora tagliare la legna” da sola racchiude quella essenzialità della vita quando siamo spaesati. E tu Luisa, hai saputo cogliere quella profondità in un modo che va davvero oltre le parole… sono certa che chiunque si trovi ad affrontare l’energia della morte, ne trarrà un immenso sollievo. Grazie per aver scritto questo meraviglioso articolo! Personalmente mi sono sentita accolta nel profonda, compresa e rassicurata. Grazie Chiara
Grazie Chiara per le tue parole e riflessioni. I principi mi hanno aiutato in questo cogliere l’essenzialità della vita delle persone. Cogliere l’inespresso e non averne timore. L’importanza dell’accoglienza la sto riscoprendo in questo cammino in compagnia dei tre principi. Grazie
Luisa ho letto il tuo articolo ed è pieno e leggero. Così pieno da volerlo leggere ancora ed ancora. Così leggero da lasciarmi nella sensazione di totale connessione con qualcosa alla quale non so dare nome, e che chiamo vita. Grazie
Ciao Agnese,
Grazie a te per le tue riflessioni. Leggerezza è una parola che ho riscoperto esplorando i principi. Mi ha sempre ricondotto a una sensazione di quiete e alla connessione di cui tu parli.
La sensazione che ho avuto leggendo questa riflessione è che è nata da una profonda intuizione , di quelle che fioriscono quando ci si sente veramente in contatto con se stessi. Fantastica la leggerezza con cui sei riuscita a farmi entrare nei tuoi pensieri ,nel tuo vento . Mi sono sentita trasportata e ho pensato a come possiamo essere cabina di contatto per noi stessi in alcuni momenti e in altri cabina di accoglienza per chi ha bisogno di un sostegno . Grazie per le riflessioni che hai fatto nascere…
Grazie a te Marcella.
Ognuno di noi, credo, abbia bisogno di un posto sicuro in cui affidare le nostre sensazioni. Uno spazio in cui ci si sente accolti e visti. O meglio ancora vediamo la nostra vera essenza e saggezza.
Grazie Luisa, paragonare il lockdown alla malattia oncologica mi ha aperto una finestra grande su qualcosa che parla a tutti noi: davvero sentiamo solo ciò che pensiamo in ogni preciso momento! E finché siamo vivi la Vita scorre dentro di noi, a prescindere dalle circostanze esterne.
Grazie per questa meravigliosa metafora della cabina telefonica, che bello pensare che sempre posso fermare il vortice di pensieri e stare in contatto con la mia essenza, la mia verità!
Grazie Luisa anche per il tuo lavoro, stare vicino a persone che soffrono con questo rispetto è veramente una figata… sapendo che chi hai davanti è un essere umano con infinite possibilità, anche se in punto di morte.
Grazie a te Simona.
La vita scorre dentro di noi come hai detto tu, come un fiume. Se la lasciamo fluire liberamente scopriremo le infinite possibilità che abbiamo sempre a disposizione.
E mi tranquillizza sapere che, vedere i pensieri come illusioni, apre all’accettazione e alla comprensione.
Grazie