Sabato 14 novembre 2020 sono stata invitata da Aaron Turner, come speaker ospite ad un evento internazionale organizzato dalla 3PGC (3 Principles Global Community). Il mio intervento si andava a collocare all’interno di un “panel”, una sorta di simposio potremmo dire, in cui assieme ad altri 4 colleghi che non conoscevo personalmente, ma che come me esplorano i 3 Principi da tempo (chi più chi meno) dovevamo dialogare su una tematica intitolata “Blid Spot me? I don’t see any”, che tradotto in italiano potrebbe all’incirca suonare così:
“Punti ciechi io? Non ne vedo nessuno”.
Cos’è un BLIND SPOT alias PUNTO CIECO?
Nell’esplorazione dei 3 Principi ognuno di noi ha dei momenti in cui la comprensione degli stessi non è così automatica. Se è vero che la nostra esperienza della realtà viene dal nostro pensiero costantemente, è anche vero che noi come esseri umani abbiamo dei momenti in cui ci pare che non sia proprio così che funziona.
Vi faccio qualche esempio.
Potrebbe essere che comprendo che l’esperienza dello stress, non viene dalla quantità di lavoro che ho da fare, ma dal fatto che la mia mente è intasata con pensieri preoccupanti e stressanti rispetto a questo. Ed ecco che quando comprendo meglio i 3P, la mole di lavoro rimane, ma invece che sperimentare frenesia e stress, io inizio a fare ciò che devo fare con maggiore lucidità ed efficienza.
Questo cambia notevolmente (in meglio) la mia vita e una sera mentre guido allegra per le strade della città, ecco che qualcuno mi taglia la strada. Schivo un incidente, ma non mi faccio nulla, eppure nella mia testa inizia uno stress che potrebbe riassumersi con “Se quell’incosciente (per non dire imbecille) non mi avesse tagliato la strada, io non mi sentirei così agitata adesso”.
Ecco che nonostante la nostra comprensione sia lucida e cristillina in alcuni aspetti della nostra vita, un episodio di vita banale come qualcuno che ci taglia la strada, sembra essere così spiacevole non tanto per quello che io sto facendo nella mia testa, e per il modo in cui io sto pensando all’accaduto, ma per l’evento in sè.
Ecco, questo è ciò che chiamiamo un “punto cieco” nella comprensione. Un qualcosa in cui la mia esperienza interna mi “inganna” dicendomi che il motivo per cui io sto male, sono agitato, arrabbiato, indignato, non ha a che fare con il mio pensiero, ma è colpa di quell’evento, persona, fatto lì fuori nel mondo.
Ti suona familiare? Certo che suona familiare… a qualche livello tutti noi, anche dopo anni di esplorazione, abbiamo questa esperienza interna.
QUINDI CI SONO ECCEZIONI AI 3 PRINCIPI?
No, non ci sono. Ma ci sono momenti in cui nonostante tutto quel che sappiamo e le innumerevoli volte in cui abbiamo avuto esperienza tangibile che la nostra esperienza viene dall’interno e non dall’esterno, ci sono dei “punti ciechi” e quando incappiamo in uno di essi, la sensazione è che il nostro stato d’animo non abbia nulla a che fare con noi e tutto a che fare con il mondo lì fuori.
Ergo viene naturale far di tutto per cercare di cambiare quel “lì fuori” spesso con conseguenze assai poco soddisfacenti per non dire disastrose. (AVVERTENZA PER IL LETTORE NUOVO ALLA COMPRENSIONE DEI 3 PRINCIPI: Parti da questo articolo, poi torna a leggere questo. )
MOMENTI SALIENTI DELLA CONFERENZA.
Durante il simposio in compagnia di Jason Berv, Linda Spaanbroek, Jacquie Moses, Ivalo Adolfsen ci siamo “passati parola” in una sorta di tavola rotonda sull’argomento. C’erano circa un centinaio di persone connesse e l’idea di base della Conference della 3PGC di Novembre era quella di entrare tutti, inclusi gli speaker, in uno spazio di ignoto in cui poter considerare cose nuove e spingerci oltre, verso una nuova comprensione.

La conferenza è durata tre giorni per circa 4 ore al giorno su due fusi orari diversi, ed è stato particolarmente arricchente ascoltare oltre a quello che noi avevamo da condividere, quello che proveniva dall’audience, formata per lo più da persone che in tutto il mondo stanno diffondendo la comprensione dei 3 Principi. Dall’India al New Jersey, dall’Islanda all’Italia, dall’Argentina a Londra, passando per lo Sri Lanka. Affascinante davvero.
IL MIO CONTRIBUTO
Quello che io personalmente mi sono sentita di condividere rispetto al tema dei punti ciechi, è che come aveva detto molto saggiamente Jacquie Moses prima che io prendessi parola, è che un punto cieco, per definizione, è qualcosa che è collocato fuori dal tuo campo visivo e quindi non lo vedi.
La tua visuale è limitata quindi non è nella “vista” che puoi trovare la soluzione ad esso.
Il punto cieco nella comprensione dei 3 Principi tuttavia, si lascia dietro dei “sintomi”. Sintomi di che genere? Sensoriali e più precisamente ogni volta che in qualche modo siamo inciampati in un nostro punto cieco, per cui ci sembra che il nostro malessere o benessere venga da fuori e non da dentro, ecco che iniziamo a sentirci più pesanti, più arrabbiati, più sfiduciati, più impotenti. E iniziamo anche a sentirci meno fiduciosi, meno capaci di cambiare le cose, meno calmi.
Insomma come direbbe uno dei Pransky “la chiave è sempre la sensazione”. Ed in effetti è vero.
Quanto più sto sprofondando in un basso stato d’animo, tanto più posso sapere che in qualche modo sto esplorando un punto cieco in cui momentaneamente mi sembra che la colpa o il responsabile della mia infelicità sia altro e non il mio stesso pensiero agitato.
LA TESTIMONIANZA CHE MI E’ RIMASTA IMPRESSA
Quella di Promilla, una signora over 60 indiana, molto preoccupata del futuro dei suoi nipoti rispetto alle guerre di religione e agli scontri sanguinolenti tra musulmani e hindu nel suo paese. E la sua domanda “Come si fa a fermare chi ha il terrore nel cuore?”… Francamente? Non lo so Promilla.
L’unica cosa che so è che quando noi smettiamo, per noi stessi di avere quel terrore nel cuore, probabilmente saremo una delle tante gocce nel mare che creano una corrente diversa… e chissà forse non si tratta neppure di fermare qualcosa, ma di rendere sempre più grande qualcosa di diverso.
Ringrazio di cuore Aaron Turner, Bonnie e tutte le persone che l’hanno reso possibile e gli speaker fantastici con cui ho condiviso il nostro simposio “panel” in inglese.
E’ stato molto profondo e arricchente e sono certa che ognuno sia andato via con una prospettiva che più che riempire buchi, lascia spazio… di quello che poi crea nuove possibilità a livello locale e globale.
Lieta davvero di aver contribuito a questo!
Chiara Grandin
PS: Se è la prima volta che visiti il nostro blog, può essere che molti dei concetti di questo articolo ti suonino strani o confusi. E’ normale. Inizia da questo articolo scritto da Anna, un’altra dei blogger di questo sito, e poi fammi e facci pure le domande che vuoi! Ti aspettiamo…
Grazie Chiara per questa condivisione. Mi sono zittita dentro ancora un po’ di più e questo ha portato spazio. E’ lo spazio mi da una bella sensazione. Grazie.
Non c’è di che Agnese!