Hai mai dovuto affrontare situazioni, in cui le cose proprio non sono andate come avresti voluto? Sì? Beh, sappi che sei decisamente in buona compagnia!
A volte si hanno dei piani ben precisi su come la vita dovrebbe andare. Piani che vengono così stravolti dalla realtà dei fatti che sembra quasi che l’universo intero si mobiliti per farci un dispetto.
Altre volte, invece, si considera la vita per quella che è, utilizzando lo status quo come trampolino di lancio per cominciare a creare qualcosa di nuovo, di diverso.
A volte di fronte ad un fiume tortuoso versiamo lacrime, disperandoci per non poter continuare il nostro cammino. Altre volte e, di fronte a quello stesso fiume, pensiamo con eccitazione a come costruire un ponte.

In entrambi i casi la realtà differisce dalla nostra idea di come essa dovrebbe essere. In entrambi i casi l’immagine di noi sull’altra riva si scontra con l’inesorabile realtà di un fiume troppo pericoloso per essere guadato. Ma allora, qual è la differenza?
Nel primo caso abbiamo un problema. Nel secondo caso abbiamo un desiderio.
ABRACADABRA E I PROBLEMI SVANISCONO! DAVVERO?
Quando durante una lezione di sociologia lessi sulla scheda power point la seguente definizione di problema, il mio modo di vedere gli ostacoli della vita subì una svolta: “un problema emerge quando si percepisce uno spaccato tra ciò che è realtà e ciò che si vorrebbe fosse realtà”.
I problemi quindi non sono la realtà. Esistono, anzi me li faccio, perché io voglio che la realtà sia diversa da quella che è!
Èureka! All’istante mi si prospettò un futuro senza più problemi: sarebbe bastato abbracciare la realtà per quella che è, senza proiettare su di essa le mie aspettative e mi sarei così una volta pertutte affrancata da ogni grattacapo. Ma…è davvero così?
Pensandoci bene, no. Di problema infatti ne rimarrebbe uno, e anche piuttosto ingombrante.
I PROBLEMI EMERGONO DALLA STESSA FONTE DEI DESIDERI
Noi esseri umani siamo dotati della facoltà di vedere oltre la realtà, di immaginare qualcosa di diverso da essa. In questo articolo chiamerò questa facoltà mentale “fantasia”.
Se non avessimo fantasia, non potremmo immaginarci altrove, per esempio sull’altra sponda del fiume. Vedremmo quindi realtà e solo realtà: noi su questa riva del fiume. Ebbene, credimi. Se le cose stessero davvero così, non esisterebbero problemi. Prima del 1492 chi poteva rammaricarsi di non aver mai visto l’America se ancora non si sapeva della sua esistenza?
Ed ecco il problema più ingombrante, la toppa che alla fin fine è peggio del buco. Senza la fantasia non esisterebbero né crescita personale né progresso sociale: niente desideri, niente obiettivi, niente arte né invenzioni. Prima del 1492 chi poteva pensare di costruire caravelle, desiderando vedere l’America se ancora non si sapeva della sua esistenza? Nessuna persona! Perché non si può desiderare qualcosa che non si può immaginare!
Quando ci si arrabbia perché qualcosa non va secondo i nostri piani, non stiamo facendo altro che sovrapporre la nostra di idea di come la realtà dovrebbe essere alla realtà stessa. E quando ci mettiamo all’opera per realizzare i nostri desideri, stiamo facendo la stessa cosa: sovrapporre all’immagine della realtà quella del nostro desiderio.
Ed eccoci alla nostra prima conclusione: problemi e desideri sono entrambi frutto della fantasia. Entrambi e non solo i problemi, emergono dalla percezione di uno spaccato tra ciò che è realtà e ciò che noi vorremmo essere realtà: “Siedo ancora su questa riva, ma vorrei essere già sull’altra sponda”. Spaccato che non potrebbe esser percepito senza quella facoltà, la fantasia, che ci può far immaginare qualcosa che non c’è.
LA FANTASIA E’ COME UN MARTELLO
Qual è allora la differenza tra problemi e desideri? Come mai in un caso versiamo lacrime in preda allo sconforto e nell’altro creiamo qualcosa di nuovo?

Per tornare alla metafora del fiume, nel primo caso, dopo aver proiettato il nostro ologramma sull’altra riva, la fantasia proietta processi mentali sulla tela della nostra mente: hanno l’aspetto di un film drammatico di chi non può raggiungere l’altra sponda. Drammatico perché l’altra sponda rappresenta felicità, lavoro, riconoscimento, ricchezza etc. etc. mentre rimanere su questa, di sponda, rappresenta un futuro incerto, il nostro fallimento, la paura di non valere abbastanza etc. etc.
Nel secondo caso, invece, la fantasia proietta sì il nostro ologramma oltre il fiume ma poi disegna schizzi, numeri e linee, unisce i materiali. E la volontà traduce poi tutto ciò in un ponte.
Che c’entra il martello? È presto spiegato. Un martello è di certo uno strumento utile per piantare un chiodo o per rompere il salvadanaio. Ma non per questo si cammina martellando qualsiasi oggetto, superficie o parte corporea capiti a tiro!
Così è la fantasia: è uno strumento utile per costruire un ponte, scrivere un libro, per cucinare il pranzo, per dipingere un quadro o immaginare la propria carriera futura. Utile perché ne si trae beneficio, gioia, sazietà, crescita personale, stimoli.
La fantasia è utile per cominciare a creare ciò che ancora non c’è, ma che vorremmo ci fosse.
Non è uno strumento utile quando la si usa per definire i contorni del nostro insuccesso, quando essa si riduce alla mera e sconfortante contemplazione del canyon creatosi tra ciò che è realtà e quello che vorremmo fosse realtà.
E TU, COME USI LA FANTASIA-MARTELLO?
Ed ora vorrei che per un attimo riflettessi sulle tue abitudini a riguardo, a come solitamente usi la tua fantasia. Ti martelli la mano lamentandoti fermandoti a lamentarti per il dolore oppure la usi per creare quel qualcosa di nuovo, che ti possa portare dove desideri?
Che immagine sovrapponi di solito alla realtà: quella dei tuoi piani mancati o quella dei tuoi desideri?
Comunque sia, adesso sai che sei tu a decidere come usarla, la tua fantasia. E da oggi in poi, ogni volta che penserai di trovarti di fronte ad un problema, ricordati che con la stessa “materia” puoi plasmare invece i tuoi desideri.
Ti è piaciuto il mio articolo? Hai domande o perplessità? Commenta il post qui sotto, sarà un piacere fare due chiacchiere con te.
Anna
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